Il poeta latino Ovidio, all'interno del poema "Metamorfosi", dedica una discreta importanza all'elemento dell'acqua, sfondo di diversi miti. Alcuni tra i più interessanti presentano caratteri simili. Sicuramente il più conosciuto è quello del fanciullo di nome Narciso, il quale, punito dalla dea Nemesi per avere disprezzato la ninfa Eco, osservando un limpido specchio d'acqua si invaghì della propria immagine in esso riflessa ed accorgendosi la splendida figura che lo guardava dalla pozza apparteneva a lui stesso, si lasciò morire di dolore per l'impossibilità di ottenere ciò che desiderava. Crudele anche la sorte di Aretusa, figlia di Nereo. Il dio Alfeo si innamorò di lei, ma Aretusa fuggì sull'isola di Ortigia, dove però la dea Artemide la tramutò in una fonte. Bacco da giovane venne rapito dai pirati, i quali non lo riconobbero ad eccezione del timoniere Acete, ma i suoi ammonimenti non furono ascoltati, e il dio, accortosi che i pirati lo stavano ingannando riguardo alla direzione della nave, blocca i remi con rami d'edera e l'albero maestro con una vite e punisce i pirati trasformandoli tutti in delfini. La dea Latona fu costretta da Giunone a fuggire dall'isola di Delo perchè la moglie di Giove era gelosa dei figli che essa aveva avuto da suo marito, Apollo e Diana, con i quali raggiunse la Licia, regione dell'Asia. Latona e i figli, spossati dal caldo e dalla sete, avvistarono una palude e alcuni contadini sulla riva, che però cacciano in malo modo i tre bisognosi. La dea allora si infuriò terribilmente e li obbligò a vivere per sempre nella palude sotto forma di placide rane.