La discussione parlamentare attualmente in corso sui progetti di legge C52 (c.d. Daga) e C773 (c.d. Braga) sulla gestione pubblica del servizio idrico, con la presentazione di numerosi emendamenti, analisi e report vari, rischia di rimettere tutto in discussione e quindi di generare ulteriore confusione. La norma infatti, produrrà cambiamenti profondi nel sistema idrico nazionale con varianti strategiche rilevanti nei sistemi di gestione, nei water management, nella realizzazione degli investimenti e nella applicazione delle tariffe.
Sul tema generale la nostra opinione è che la qualità della gestione non debba dipendere dalla natura dell’azienda (perché ci sono aziende private eccellenti e aziende pubbliche inefficienti, e viceversa), che la natura pubblica del bene acqua sia meglio garantita da una Autorità nazionale terza efficacia (rispetto alle Regioni comunque politicizzate e discordi nelle scelte), che il valore dell’acqua debba avere un prezzo (perché ha un costo e non ritengo debba essere gratuita, ma che anzi i cittadini siano consapevoli e coinvolti economicamente) e soprattutto che la tariffa debba contenere anche gli investimenti necessari (e non credo che possano essere caricati nel bilancio nazionale già critico per molti centri di costo). Però la normativa futura impone altre scelte.
In realtà, il D.Lgs. 152/2006 (Testo Unico Ambientale), è ben impostato, sarebbero necessari solo alcuni ritocchi:
- Ritornare al principio di unitarietà della gestione, con l’obiettivo di pervenire comunque a un modello industriale di rafforzamento e successive aggregazioni.
Facciamo una breve ricostruzione normativa:
Il Testo Unico Ambientale (D.Lgs. 152/2006), nella sua versione iniziale prevedeva:
- all’art. 147, comma 1, che i servizi idrici “sono organizzati sulla base degli ambiti territoriali ottimali [ATO] definiti dalle regioni in attuazione della l. 5 gennaio 1994, n. 36” (c.d. “legge Galli”), consentiva alle regioni medesime di “modificare le delimitazioni degli ambiti territoriali ottimali per migliorare la gestione del servizio idrico integrato”, nel rispetto, tra l’altro, dei principi di “unicità della gestione” e del “superamento della frammentazione verticale delle gestioni” (comma 2, lett. b);
- all’art. 150, comma 1, che le autorità d’ambito, nel rispetto del piano d’ambito e del “principio di unicità della gestione” per ciascun ambito deliberano la forma di gestione fra quelle di cui all’art. 113, comma 5 del t.u. 267/2000 (TUEL) [il c. 1 dell’art. 150, è stato abrogato con l’art. 12, c., lett. b), del d.p.r. 7 settembre 2010, n. 168, ad eccezione della parte in cui individua la competenza dell’autorità d’ambito per l’affidamento e la gestione del SII].
Con l’art. 2, comma 13 del d.lgs 16 gennaio 2008, n. 4 (c.d. decreto correttivo), la parola “unicità” è stata, in entrambe le norme sopra riportate, sostituita con quella di “unitarietà” (nello spirito iniziale della prima norma di settore, la cosiddetta legge Galli del 1994).
Nel 2015 però il D.L. 12 settembre 2014, n. 133, c.d. Sblocca Italia ha reintrodotto il principio dell’unicità della gestione al fine di agevolare il processo aggregativo tra gestori.
A tale principio però facciamo le seguenti osservazioni:
- in virtù delle due deroghe attualmente vigenti, disciplinate dall’art. 147 comma 2 bis, non è più possibile fare riferimento alla “unicità della gestione” (anche per tale motivo è stata corretta in quella, maggiormente appropriata, di “unitarietà della gestione” dal 2008 al 2015);
- diversi ambiti territoriali ottimali sono ancor oggi in difficoltà ad individuare un solo gestore a causa ad esempio dalla diversa conformazione fisica del territorio.
Per tali ragioni risulta più appropriato introdurre un nuovo principio di unitarietà, comunque finalizzato alla riduzione del numero dei gestori ed ad una maggiore industrializzazione del settore, ma che tenga anche conto delle caratteristiche fisiche del territorio.
- Maggiore tutela delle piccole realtà (comuni, piccole isole):
L’art. 147 comma 2 bis del Testo Unico Ambientale prevede attualmente due eccezioni al principio di unicità:
a) le gestioni del servizio idrico in forma autonoma nei comuni montani con popolazione inferiore a 1.000 abitanti già istituite ai sensi del comma 5 dell'articolo 148;
b) le gestioni del servizio idrico in forma autonoma esistenti, nei comuni che presentano contestualmente le seguenti caratteristiche:
- approvvigionamento idrico da fonti qualitativamente pregiate;
- sorgenti ricadenti in parchi naturali o aree naturali protette ovvero in siti individuati come beni paesaggistici ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
- utilizzo efficiente della risorsa e tutela del corpo idrico.
Si propone, per gli stessi motivi illustrati al punto precedente, e dall’analisi dei dati tecnici ed economici prodotti dall’Osservatorio Gocce d'Acqua (), di elevare il limite di 1000 abitanti a 5000 (come già previsto del progetto di legge “Daga”) e di estenderlo anche alle piccole isole.
Le comunità montane, ma anche le piccole isole hanno bisogno di affrontare l’ambiente in tutte le sue declinazioni, perché i vari comparti sono funzionali l’uno con l’altro. Serve una visione integrata e complementare di Agricoltura (Governo integrato e certificato delle risorse agroalimentari), Acqua (Governo integrato e certificato delle risorse idriche), Energia (Produzione di energia da fonti rinnovabili locali), Bosco (Governo integrato e certificato delle risorse forestali),Turismo (Turismo sostenibile e responsabile e valorizzazione dei prodotti a filiera corta), Edilizia (Costruzione e gestione sostenibile del patrimonio edilizio e delle infrastrutture), Reti (Efficienza energetica e integrazione intelligente degli impianti e delle reti), Attività (Sviluppo sostenibile delle attività produttive), Mobilità (Governo integrato dei servizi di mobilità), Rifiuti (Gestione sostenibile delle filiere dei rifiuti), Welfare (Gestione sostenibile dei servizi sociali), Innovazione (Innovazione e regionalità).
Le diverse opinioni che si sono confrontate in questo periodo hanno trascurato queste realtà che rappresentano però anche una buona parte del territorio nazionale. È un problema molto serio e molto grave. Non ci sono risorse né proposte in grado di dare risposte concrete. Bisogna pensarci subito, dopo sarà troppo tardi. Serve una soluzione normativa specifica nel rispetto del principio della unitarietà e a tutela delle piccole realtà. Evitiamo quindi, come si dice, di buttare l’acqua sporca insieme al bambino!