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Presso lo Studio Legale Satta Romano & Associati e con il patrocinio dell’Associazione Idrotecnica Italiana, della rivista ApertaContrada e di PW Advisory & Capital Services, in occasione della presentazione del libro “La gestione dei servizi pubblici e la dimonìa dello Stato”, di Renato Conti – Aracne Editrice, si è svolta una interessante tavola rotonda sul tema, di sempre maggior attualità, dell’organizzazione dei servizi pubblici e delle attività in concessione, tra istanze di ri-pubblicizzazione, esigenze di investimento e gestione industriale, ruolo dello Stato. Presenti, oltre all’Autore, il Prof. Avv. Filippo Satta, Emerito di Diritto Amministrativo; il prof. Antonio Massaruttto, Associato di Economia Applicata all’Università di Udine ed eserto di regolazione; il DG di Utilitalia, Giordano Colarullo, l’ing. Roberto Zocchi, European Business Director WRc - Water Research Centre e Segretario Generale dell’Associazione Idrotecnica Italiana, il Prof. Avv. Anna Romano, professore a contratto di diritto e legislazione dei LL.PP. e l’ing. Andrea Mangano, Managing Partner  di PW Advisory & Capital Services Italia e Vice Presidente dell’Associazione Idrotecnica Italiana. Folto ed attento il pubblico, che è intervenuto con ulteriori contributi di rilievo al dibattito.
Nel contesto del dibattito parlamentare sulla proposta di legge (prima firmataria l’On. Federica Daga, M5S) per la ripubblicizzazione del servizio idrico integrato, nonché delle vicissitudini legate alla concessione di Autostrade per l’Italia, l’Autore si interroga sull’esistenza di ragioni economiche, politiche, gestionali o storiche per accordare la preferenza al modello gestionale pubblicistico e deindustrializzato. Lo fa ripercorrendo le ragioni e gli sviluppi della stagione delle aziende municipalizzate e speciali, che non fu età dell’oro, e concludendo per l’insostenibilità, economica e giuridica, di una proposta che metterebbe a gravissimo rischio la capacità dell’Italia di colmare il gap impiantistico ed infrastrutturale che attanaglia i servizi pubblici, ed il SII in modo particolare, soprattutto al Centro-Sud, con un terzo della popolazione che non beneficia di allacci in fogna e/o di depurazione dei reflui e le conseguenti procedure di infrazione che costano al Paese diversi milioni di Euro all’anno.
L’assetto proprietario dei gestori, peraltro già soggetti al controllo pubblico nella gran parte dei casi, è totalmente irrilevante rispetto alla conduzione del servizio. Quello che conta, invece, è la definizione di un quadro stabile e chiaro di regole e controlli, uniformemente applicato in tutto il territorio, che dia certezza sull’attuazione dei programmi di investimento nella conservazione funzionale delle infrastrutture e degli impianti così come nello sviluppo delle nuove realizzazioni necessarie per garantire al Paese di rimanere al centro delle dinamiche economiche e sociali del nostro tempo.
La proposta di pubblicizzazione dei servizi idrici, in particolare, cela malamente un disegno per l’allargamento forzoso del perimetro dello Stato, che sottende il mito falso e bugiardo della pretesa corrispondenza tra pubblicità e gratuità del servizio – che non è e non può mai essere, e che solo sostituisce il prelievo fiscale a quello tariffario; e appare piuttosto interessata a ricondurre sotto la mano della politica la gestione dei miliardari flussi di investimento che dovranno essere destinati al SII nei prossimi anni. Non a caso, la proposta Daga mira anche a smantellare le competenze regolatorie dell’ARERA per riportarle in ambito ministeriale.
Non senza nascondere che qualche ragione si trova anche nel campo avverso:  sia per la scarsa qualità della comunicazione sin qui sviluppata dai soggetti gestori, che hanno così alimentato sospetti e cattivi pensieri, sia perché uno dei principali strumenti utilizzati per alleviare il peso degli investimenti dalle finanze pubbliche, la società mista, cioè un veicolo capitalista per il perseguimento di finalità pubblicistiche, si è rivelato un ibrido sterile e fuori dallo stesso controllo dei suoi ideatori, come la creatura di Frankenstein, piuttosto che un’evoluzione darwiniana della società di capitali; in esso impera il conflitto di interessi, cioè l’opposto di quel Partenariato Pubblico Privato che la Commissione Europea avalla invece proprio perché non è una privatizzazione.
È nella regolazione, da completare e da applicare in modo omogeneo sul territorio nazionale, che si può trovare il temperamento delle storture che pure, senza dubbio, si sono verificate nell’applicazione della Legge Galli (n. 36/94). Per questo l’Autore include nel libro una sua proposta, dove vengono dettati lo statuto e le finalità delle società concessionarie di servizi pubblici a rilevanza economica, distinguendo finalmente tra le diverse forme previste dalla legge – in-house providing, società mista e affidamento a terzi – in funzione degli obiettivi specifici che si intende raggiungere date le condizioni di ciascuna gestione; e dove si prevede un meccanismo di controlli sulle prestazioni tecniche ed economiche dei gestori, terziarizzato rispetto all’Autorità, eppure ad esclusivo beneficio di questa.

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